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A Torre del Greco brilla la stella di Josè Restaurant

di Alessandra Meldolesi
È una bella storia di mecenatismo quella di Josè Restaurant, ristorante aperto nel 2017 dalla famiglia Confuorto presso la Tenuta Villa Guerra, splendida villa vesuviana del XVIII secolo appartenente al Miglio d’Oro, situata a Torre del Greco. È stata riportata allo splendore originario con un lungo restauro e convertita in ristorante, unica fra le 112 residenze che si affacciano sulla Tirrena Inferiore. E dal 2019 c’è una stella sull’insegna, che omaggia Maria Josè Guidone, moglie del titolare.
In cucina hanno arruolato un purosangue campano, Domenico Iavarone, giovane cuoco originario di Casavatore dai trascorsi importanti, alla Torre del Saracino di Gennaro Esposito e al Capri Palace di Oliver Glowig. Si iscrive nel trend della “nuova cucina vesuviana”, perché, dice, in questo bacino ci sono stati grandi chef, da Michele Deleo a Vincenzo Guarino, da Salvatore Bianco a Carmine Di Donna, che hanno portato avanti il progetto di una cucina di territorio evoluta, mediterranea nell’immediatezza e nei timbri, grazie a manipolazioni minimali su materie prime anche povere, sempre riconoscibili e abbarbicate nella memoria. Per esempio gli ortaggi, il cui fabbisogno è coperto per il 65% dall’orto interno, o il pescato del Porto di Torre, prelevato anche due volte al giorno. Con Iavarone ci lavorano il sous-chef Giuseppe Sposito e il pasticciere Andrea Marano; in sala il sommelier Pasquale Marzano e il sommelier Salvatore Maresca, cultore di biodinamici.
Durante il delivery le cucine sono rimaste chiuse, ma alla riapertura del 21 maggio non sono mancate le novità: per esempio il Josè Garden Mix & Grill, lounge bar con spazio barbecue per carni selezionate dallo chef e cotte alla brace accompagnate da contorni dell’orto, da consumare all’aperto in chiave easy gourmet. “Si tratta di uno spazio che abbiamo reso utile per offrire la possibilità di mangiare nel verde: nove tavoli in legno sparsi per il giardino, con una distesa di brace di 2 metri e mezzo. Solo terra, perché non concepisco che si cucini il pesce nel verde e non sul mare; poi la carta del ristorante è composta per il 75% di prodotti ittici e vegetali e non volevo creare sovrapposizioni”, puntualizza Iavarone. “Al momento della scelta mi confronto con mio padre Antonio, macellaio come tutti i miei familiari; ma io stesso già a 11 anni mi affacciavo in bottega e mentre frequentavo l’alberghiero davo una mano. Quindi carni rosse e bianche rigorosamente italiane, di marchigiana, chianina e romagnola, i galletti di un piccolo allevatore nell’Aversano, i sensazionali wurstel di Sabatino Cillo, tutti cotti a vista, senza frollature estranee alla nostra cultura. E poi la parmigiana di melanzane, i peperoncini verdi, le zucchine a scapece…”
La carta del ristorante si è subito sintonizzata sulle stagioni: quindi all’apertura per una sensazione di primavera la pasta e piselli con astice e provola o la zuppa di carciofi con scuncilli, fave e cipolle marinate; con l’arrivo dell’estate i signature dello chef come il risotto limone, scampi e liquirizia; il gambero con fior di latte, biscotto al pepe e caviale; l’immancabile tonno con ricotta di bufala e ciliegie marinate. Fra le novità la ricciola marinata alle spezie con pesca bianca e peperoncini verdi e il gettonatissimo raviolo di patate arrosto, zucchine e gamberi con spuma di provola affumicata. “Perché amo abbinare i formaggi ai pesci e alle carni. Penso anche alla pancia di maiale cotta 100 ore con ricotta infornata e melanzane alla scapece. Non mi piace definire la mia cucina gourmet, termine che può spaventare per il cliché delle porzioni inversamente proporzionali alla spesa. Preferisco parlare di territorio, freschezza e riconoscibilità”.
“L’apertura è andata molto bene: siamo molto contenti di ambedue i punti di ristoro, sperando che non sia solo un fuoco di paglia. Notiamo un’affluenza popolare di clienti del posto, che magari non si erano mai affacciati. E i prezzi non sono stati ritoccati, la filosofia è rimasta la stessa”.
La residenza è bellissima, ma nel circuito non si può mancare di visitare Villa delle Ginestre, dove ha vissuto Giacomo Leopardi, con la sua scrivania e il suo letto, e Villa Campolieto, sede della Fondazione Ente Ville Vesuviane; nei dintorni Pompei, Ercolano e la Reggia di Portici. Il litorale già merita, ma nella vicina Vico Equense si spalancano le porte delle Penisola Sorrentina e Amalfitana.




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