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Ristorante Cantarelli – Samboseto (PR)

IMG_4852Ristorante Cantarelli – Samboseto (PR)

Dedico a loro, Peppino e Mirella Cantarelli questo primo scritto “della memoria”, non poteva essere diversamente. Fu una delle mie prime esperienze da giovane ispettore della guida rossa. Correva l’anno 1978 o giù di li, abitavo poco distante da Samboseto di Busseto, mi bastava attraversare il ponte che unisce le due sponte del fiume Po per raggiungere dopo qualche decina di chilometri il ristorante dei Cantarelli. Nel periodo invernale il paesaggio se il sole non faceva capolino dietro un’impenetrabile corte di nebbia era triste, impalpabile, la poca gente che incontravi avvolta nei tabarri scuri andava di fretta. Qui nella bassa il freddo inverno si fa sentire ancora, più che mai. Novembre comunque è un grande mese per queste genti. Si uccide il maiale, i norcini quelli bravi sono contesi dalle varie famiglie che nelle loro cascine allevano il maiale assieme a galline faraone e anatre. È il momento di fare cotechini, salami pancette e i tanto pregiati culatelli. La nebbia che mi accompagnava era il benessere dei culatelli, nelle cantine si tenevano aperte le finestre perché entrasse a massaggiare queste straordinarie prelibatezze. Io che però dovevo guidare certamente avrei preferito altra compagnia. Strade strette con curve a gomito, poche le indicazioni, non si vedevano nemmeno le strisce sulla carreggiata, ma forse non cerano nemmeno, insomma questo benedetto Cantarelli dovevo decisamente guadagnarmelo. Badate bene che frequentavo spesso le terre Verdiane, era abitudine nei pomeriggi domenicali andare alla scoperta di piccole osterie dove facevano la mitica torta fritta con un vassoio di salumi. Erano straordinari ambienti, dove non mancavano mai un paio di tavoli con anziani locali che giocavano a briscola e tresette alzando il tono della voce a ogni giocata sbagliata. Ci stava tutto questo compresa la nuvola di fumo dei toscani che aleggiava nell’aria. Nelle osterie spesso i salumi erano di loro produzione. Peppino Cantarelli era famoso anche per questo sublime salume, arrivava da lui gente da tutto il nord Italia, non se ne andavano senza averne gustato e magari comprato un bel pezzo. Finalmente arrivai alla meta. Mi aspettavo qualcosa di simile ma alla vista mi parve ancor più modesto. Una casa colonica con una semplice scritta murale “Cantarelli” e un’entrata proprio da drogheria di paese. Entrando respiravi quel mix di profumi che non avevano nulla a che fare con il ristorante ma quell’aria tipica da drogheria /salumeria. Il culatello re assoluto della bassa che da Busseto a Soragna passando da Zibello non ne era indenne. Il suo profumo era lì presente, e non poteva essere altrimenti, da Cantarelli c’era sempre stato uno dei migliori culatelli in assoluto. Lui Peppino aveva un’aria seria, il suo parlare era tipico della zona con l’erre alla francese, il suo sguardo scrutatore che ti pesava. Chissà se mi aveva preso per un commesso viaggiatore che aveva fatto un’ottima giornata di affari e che si permetteva un lauto pasto! Qui tutto era semplice ma con un tocco di eleganza. Tovagliato bianco posateria importante, i tovaglioli grandi come si usavano una volta, magari legandoli al collo per evitare macchie d’unto. La cucina grondava di tradizione. La cucina quella che era arrivata alle due stelle della guida rossa vista con gli occhi di un avventore moderno forse non avrebbe gli stessi valori e le stesse emozioni, ma all’epoca invece sì. In giro si legavano i piatti a sproposito con la panna, si “francesizzavano” come si dicevano i piatti con risultati decisamente disastrosi mentre qui in trattoria vi era l’esaltazione del territorio e basta! Dopo i salumi tortelloni di ricotta con le erbette, i classici tortellini in brodo, il sublime savarin di riso con la lingua salmistrata (gran Piatto!) la faraona alla creta per finire con uno zabaione con gli amaretti. All’epoca colesterolo e diabete erano malattie sconosciute. La cosa straordinaria di questa semplice trattoria era la cantina. Lui Peppino era un grande cultore dei vini francesi dai bordeaux ai borgogna, la sua clientela che nel tempo era diventata internazionale ne apprezzava la qualità ma soprattutto la competenza dell’oste. Rimangono indelebili questi ricordi, la trattoria sebben gli eredi c’erano, chiuse definitivamente nell’ottobre 1982 lasciando in tutti noi cultori del buon cibo un vuoto incolmabile. A margine di tutto questo per pochi intimi si rinnova ogni anno un rito cui partecipo ancora con grande emozione, una specie di rievocazione. Dentro la trattoria ovviamente chiusa da più di trent’anni una tavolata capeggiata dal figlio di Peppino, Fernando Cantarelli con il quale si rievocano i tempi passati. Benedetta terra! Qui Verdi compose quelle memorabili opere che tutti conosciamo, Giovannino Guareschi con il suo Don Camillo e Peppone ne raccontò in maniera sublime le proprie genti e lui Peppino ne esaltò la cucina. Se vi capitasse di passare da quelle parti cercatelo e ricordatevi che qui si è vissuta una delle più belle storie della ristorazione italiana.
Fausto Arrighi




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