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Nino di Costanzo e l’isola delle differenze

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chef Nino Di Costanzo

lo chef Nino Di Costanzo, ristorante Dani Maison di Ischia, due stelle Michelin e 4 cappelli Espresso

di Alessandra Meldolesi
Si chiama Ischia l’Itaca di Nino di Costanzo, chef che in cucina salpa e rientra inesorabilmente nella sua Campania, anzi nella sua isola delle differenze. “Perché questa è la forza del territorio: che ogni comune abbia il suo dialetto, le sue ricette, le sue materie. Al punto da sfiorare l’autarchia”. Lui autarchico però non è stato, quantomeno nella formazione, che si è dipanata in ristoranti accomunati solo dall’eccellenza: il Don Alfonso di Iaccarino, fondatore della nuova cucina campana, e l’Albereta di Gualtiero Marchesi, maestro di un’intera generazione; ma anche Arnolfo di Gaetano Trovato e Arzak a San Sebastian.
Dopo il successo del Mosaico a Casamicciola, nel 2016 ha scelto di rimanere nella sua Ischia: Dani maison è un’antica casa ischitana punteggiata di riferimenti alla tradizione campana, immersa in uno sterminato giardino di macchia mediterranea, fra carrubi, melograni e ulivi. Dani sta per Da Nino, visto che proprio qui lo chef è nato, nella dimora di suo padre e di suo nonno, ristrutturata senza snaturamenti per trasmettere il senso di ospitalità del sud Italia. Là dove oggi è il giardino vi erano il vigneto e l’orto del nonno, ma Di Costanzo intende acquistare un terreno limitrofo per coltivare i suoi ortaggi.
Non si dimenticano i piatti che hanno fatto la sua fama: un distillato tutt’altro che ingenuo dell’identità meridionale, campana, ischitana, che ne magnifica il decorativismo e la generosità delle forme, esaltando la riconoscibilità delle materie senza rinunciare a moltiplicarle a sorpresa. “Parto dal rispetto per il territorio e per la tradizione, che tecnicamente manifesta influenze asiatiche, spagnole, francesi. Un rispecchiamento veicolato da presentazioni che sono per me naturali. Mi piace a volte declinare un ingrediente in più modi, per esempio il crudo di pesce, dove ogni elemento merita di essere valorizzato attraverso trasparenze e iridescenze ad hoc, anche se è molto complicato e laborioso. Anche un contorno può avere vita propria: il piatto è come una parola, con un accento che non è mai casuale”.
Il pesce arriva da Ischia e soprattutto Procida, isola cugina dove la pesca è cultura. Lo chef vi si reca spesso il pomeriggio alle 5 per incontrare i pescatori. Poi ci sono l’agnello irpino, i volatili toscani, la fassona piemontese, sparuti ingredienti non italiani come le spezie e il cioccolato. “Ma pur avendo tanto studiato con i miei maestri, la tecnica per esaltare la materia devo trovarla io. Vedi l’agnello nella parmigiana di melanzane, cotto 3 giorni, da mangiare al cucchiaio, o la pasta e patate. Penso anche a un dolce come Napul’è, con il bello e il brutto della città, fra cui l’immondizia quale icona negativa, sotto forma di un sacco nero di gelatina al carbone vegetale essiccata”.
L’apertura è scoccata a fine giugno con una squadra di giovani. Di Costanzo vuole nominarli tutti: Michela, Martina, Antonio, Domenico, Mario e Giusi in cucina; Matteo, Salvatore, Gessica, Marianna e Teresa in sala. “Stanno dando anima e corpo in un anno difficile, con grande spirito di sacrificio”. In carta restano i signature, ma non mancano le novità. “Il lockdown penso di averlo sfruttato al meglio, per studiare la parte dell’isola di cui non si parla mai. Ischia non è solo mare, ma anche montagna. Per esempio abbiamo raccolto e utilizzato delle cortecce per una zuppa che accompagna la faraona al profumo di sottobosco. Vivo nel ristorante, che si trova proprio sotto la montagna, ma l’occorrente per svolgere le prove l’ho trovato senza varcare il cancello. Le persone anziane per me sono una fonte di ispirazione e una garanzia di saggezza, spesso chiedo loro consiglio. Per esempio a Ventotene gli ischitani hanno portato i conigli da fossa e ne è nata l’usanza di abbinare le loro carni alle vongole, mentre io le servo con gli scampi. Poi ci sono gli gnocchi alla sorrentina, la cotoletta napoletana, un filetto di fassona piemontese impanato con il babà salato, il riso in bianco con bruschetta ai ricci… I momenti difficili sono fatti per migliorare e non semplificare. Sento che le persone che ci visitano sono motivate a vivere un’esperienza che oggi deve essere ancora più speciale, dopo mesi drammatici meritano ancora più attenzioni. Personalmente ho sempre proposto una cucina italiana, non è qualcosa cui debba tornare, ma che posso cercare di perfezionare”.
Ischia ha tantissimo da offrire al turista: oltre al mare ci sono sentieri bellissimi, vigne che regalano grandi vini per una visita in cantina, le terme, il Castello Aragonese e la Mortella, uno dei giardini botanici più importanti d’Italia. Gli stessi giacimenti gastronomici sono tutti da esplorare: fra le isole sono i più ricchi, visto che qui sarebbero nati tanto il migliaccio che la parmigiana di melanzane.




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