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Baccalà, non un pesce ma un metodo di lavorazione

Baccalà, non un pesce ma un metodo di lavorazione

di Fosca Tortorelli

Prima di entrare nel vivo delle caratteristiche di quest’alimento, è necessario partire dall’origine del nome che lo descrive, infatti in gran parte dell’Italia, la parola Baccalà – di origine spagnola e di ascendenza fiamminga – sta ad indicare il merluzzo conservato; quindi il Baccalà non è un pesce, ma il metodo di lavorazione del merluzzo della specie Gadus Morhua.
Fondamentalmente sono due i sistemi di conservazione di questo pesce, che vanno distinti tra salagione ed essiccamento, a loro volta contraddistinti terminologicamente da Baccalà il primo e Stoccafisso il secondo, creando a volte non poca confusione (in alcuni territori, il Veneto tra tutti, tante ricette che hanno come nome comune quello di baccalà, fanno in realtà uso di stoccafisso).
Per quanto diffuso e usato nel panorama della cucina Italiana, bisogna altresì precisare che non si tratta di un pesce che viene dai nostri mari; infatti il “vero baccalà”, il Gadus Morhua, conosciuto ai più come merluzzo nordico o merluzzo bianco, viene dai Mari del Nord, dal Mar Baltico e dall’Atlantico Settentrionale. Nel mar Mediterraneo esiste un altro tipo di merluzzo che è in realtà il nasello o merluzzo argentato, quindi non bianco come quello nordico e non adatto ai sistemi di salagione come baccalà.
Oltre al Morhua, c’è anche un’altra specie che viene conservata sotto sale per produrre baccalà, il Gadus Macrocephalus, che vive esclusivamente nell’oceano Pacifico, nella zona compresa tra lo stretto di Bering e la costa pacifica degli Stati Uniti.
La maggior parte del pesce poi trasformato in baccalà e/o stoccafisso, viene pescato prevalentemente nei mari del nord Europa, nella zona compresa tra Islanda, Danimarca e Norvegia ed solo una piccola parte viene invece dalla penisola di Terranova in Canada.
In particolare in Norvegia, le isole Lofoten, arcipelago costituito da tante isolette che fanno parte del circolo polare artico, sono la patria dello stoccafisso, qui, nonostante lo sviluppo turistico sia diventato rilevante, la pesca continua ad essere la loro principale attività.
Ed è proprio dalle isole Lofoten che viene importato circa l’80% del baccalà e stoccafisso IGP usato in Italia e in modo particolare in Campania, che risulta tra i mercati più importanti .
Va anche detto che la Norvegia è l’unico produttore al mondo di stoccafisso, qui la produzione è legata alla pesca stagionale del merluzzo nei mesi tra febbraio e aprile nel nord del paese, in particolare nelle isole Lofoten. Il pescato viene lavorato subito – eliminando la testa e le interiora – lavato e messo ad essiccare per circa quattro/cinque mesi all’aperto su apposite rastrelliere. Questo tipo di procedimento e lavorazione, permette di conservare l’alto contenuto proteico e le proprietà nutritive del pesce, anche perché l’essicamento avviene in modo naturale, per effetto dell’esposizione al sole e al vento con il contributo della pioggia che rende graduale il processo. Arrivati al periodo estivo, il selezionatore (vrakeren) inizia a classificare il pesce suddividendolo in varie classi che vanno dalla pezzatura (lunghezza, grandezza e peso) e dalla qualità (prima e seconda qualità). Per il Baccalà invece, il pesce, una volta privato della testa e delle viscere, viene tagliato a farfalla (dalla pancia alla coda), lavato e immerso in una salamoia molto concentrata per una settimana; successivamente viene posizionato su pallet alternato a strati di sale secco e lasciato a stagionare da tre a quattro settimane. Riguardo le dimensioni di questo merluzzo, il Gadus Morhua può toccare la lunghezza di 1, 65 metri e il peso di 45 kg, ha un profilo allungato ma massiccio, il suo corpo è ricoperto di squame molto minute. In Italia questi merluzzi vengono importati freschi, decapitati e anche sfilettati, oltre che congelati.

Ma quando e come è arrivato in Italia, diventando un prodotto così ricercato e utilizzato nella nostra tradizione gastronomica?
Un tempo considerato un piatto povero, fu introdotto dal patrizio veneziano Pietro Querini, mercante, armatore e navigatore, che lo scoprì per caso nel 1431, in seguito al naufragio della sua nave da trasporto. Ulteriore contributo alla sua diffusione, lo si deve alla Chiesa della Riforma, nel 1563, quando il Concilio di Trento, sancì la regola del mangiare di magro, con la proibizione del consumo di carne nei giorni di Quaresima, i venerdì e le altre feste comandate, con un conseguente aumento della domanda di pesce.
Tantissime le ricette che ormai legano questo pesce alla tradizione gastronomica Italiana, ma va ricordato che prima di essere cucinati, lo stoccafisso e il baccalà devono deve essere sottoposti a un bagno in acqua fredda per eliminare il sale e reidratare le fibre. Le tempistiche varieranno in base alla pezzatura, ad esempio per quelle piccole saranno sufficienti 2-3 giorni, mentre ce ne vorranno 10-12 giorni per baccalà di 5/10 kg di peso. Solo così si darà vita a un prodotto di consistenza morbida e delicatezza, con quel tocco sapido che lo rende irresistibile.

Bibliografia/Sitografia
• Guarnaschelli Gotti M., Grande enciclopedia illustrata della gastronomia. Mondadori, 2007
• Baccalà e Stoccafisso, Vallardi A. Collana: I quaderni di Artemisia Abbondanza, 2013
• A.Parlato Sua maestà il baccalà. Storia del «Pesce in salato che ci vien d’oltremari», Colonnese, 2007
• De Biasio G., Lemonnier N., Baccalà! Guido Tommasi Editore-Datanova, 2006
https://www.baccalaria.it/sua-maesta-il-baccala/
http://www.odysseo.it/baccala-stoccafisso-quali-differenze-prepararli/
https://cucinadaleggere.blogspot.com/2015/11/e-il-merluzzo-divento-baccala.html
http://old.golosoecurioso.it/morello-pecchioli/gastronomia/baccala–cibo-aristotelico/info_inserzione.html




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